Matteo Fuzzi

Pittore

Colpo di sole

No, non è la Provenza, anche se potrebbe sembrare.

Si tratta invece di quella bassa Romagna che per forme e colori ispira a Matteo Fuzzi i suoi paesaggi astratti, sempre graffiati e incisi da segni che però ti vogliono trasportare, in barba alla luce che li veste, all’interno di antiche caverne, luoghi bui e misteriosi. Musei nascosti, che testimoniano le vite dei nostri progenitori.

E ancora, non è una ragazza la figura al centro di questa veduta, anche se sembra ripetere la posa di una delle Demoiselles d’Avignon.

È curioso ritrovare in questo ritratto assolutamente fotografico, come omaggio a Pablo Picasso un rimando esplicito all’opera che ha inaugurato il Cubismo che “proprio per diversificarsi dalla fotografia che rappresenta un univoco punto di vista (…) ha come scopo (…) quello di fornire l’espressione di un nuovo scenario, “intangibile” a una qualsiasi macchina da ripresa” (cit. Davide Fiscaletti).

Altrettanto curioso potrebbe apparire che Matteo, con una bella faccia e nessun problema rispetto alla propria immagine, abbia deciso di mascherare la sua identità. Scelta ragionata, che attraverso un oggetto che lo affascina rende ambigua la sua figura rimandando a quel primitivismo africano che gli appartiene. Soltanto i dettagli dell’abbigliamento richiamano la contemporaneità dei suoi paesaggi urbani, a loro volta popolati di segni e strappi.

Per rendere netta la distinzione tra ispirato e ispirazione, ho voluto sfruttare il sole di giugno, costruendo una luce che stordisce, abbacinante al punto giusto per trasformare il paesaggio in un fondale straniante. Ho instaurando così una gerarchia luminosa a due livelli, nella quale è l’uomo ad avere la scena.

Spero che questo ritratto rimanga, Matteo. Spero che quando il soffio del tempo farà sollevare la polvere degli anni, saprà riaffiorare tra i ricordi per testimoniare con la forza e l’umiltà di un basolo, questo tratto di strada condiviso.

Castelleale,

12 giugno 2020

Matteo Fuzzi

Pittore

Colpo di sole

No, non è la Provenza, anche se potrebbe sembrare.

Si tratta invece di quella bassa Romagna che per forme e colori ispira a Matteo Fuzzi i suoi paesaggi astratti, sempre graffiati e incisi da segni che però ti vogliono trasportare, in barba alla luce che li veste, all’interno di antiche caverne, luoghi bui e misteriosi. Musei nascosti, che testimoniano le vite dei nostri progenitori.

E ancora, non è una ragazza la figura al centro di questa veduta, anche se sembra ripetere la posa di una delle Demoiselles d’Avignon.

È curioso ritrovare in questo ritratto assolutamente fotografico, come omaggio a Pablo Picasso un rimando esplicito all’opera che ha inaugurato il Cubismo che “proprio per diversificarsi dalla fotografia che rappresenta un univoco punto di vista (…) ha come scopo (…) quello di fornire l’espressione di un nuovo scenario, “intangibile” a una qualsiasi macchina da ripresa” (cit. Davide Fiscaletti).

Altrettanto curioso potrebbe apparire che Matteo, con una bella faccia e nessun problema rispetto alla propria immagine, abbia deciso di mascherare la sua identità. Scelta ragionata, che attraverso un oggetto che lo affascina rende ambigua la sua figura rimandando a quel primitivismo africano che gli appartiene. Soltanto i dettagli dell’abbigliamento richiamano la contemporaneità dei suoi paesaggi urbani, a loro volta popolati di segni e strappi.

Per rendere netta la distinzione tra ispirato e ispirazione, ho voluto sfruttare il sole di giugno, costruendo una luce che stordisce, abbacinante al punto giusto per trasformare il paesaggio in un fondale straniante. Ho instaurando così una gerarchia luminosa a due livelli, nella quale è l’uomo ad avere la scena.

Spero che questo ritratto rimanga, Matteo. Spero che quando il soffio del tempo farà sollevare la polvere degli anni, saprà riaffiorare tra i ricordi per testimoniare con la forza e l’umiltà di un basolo, questo tratto di strada condiviso.

Castelleale,

12 giugno 2020

Paesaggio arcaico

Matteo Fuzzi