Maria Costantini

Attrice

Animale Fantastico

Un uomo cammina calcando i piedi tra sabbia e acqua quando un sussurro perso nello sciabordio delle onde lo raggiunge. E lo fa fermare.

Chi può sedurre più di una sirena?

Per il suo ritratto Maria Costantini ha scelto di trasformarsi in un animale fantastico, le cui mani tese accusano, le cui lacrime furenti chiedono: perché?

Al mare, cui come tutti gli esseri viventi deve la vita, il genere umano sembra aver deciso di non voler portare più rispetto.

È figlia di un atto di accusa questa immagine.

È per sensibilizzarci sulla pratica di pescare pesci in numero maggiore alla loro capacità di riprodursi, ma anche sulle enormi navi industriali che li catturano in quantità impressionanti per poi rigettarne in mare privi di vita la maggior parte, che Maria ha vestito le succinte vesti di una sirena. Senza dimenticare i piccoli pescatori del mondo che per questi stessi motivi sono sempre meno in grado di autosostenersi con la pesca.

È figlio di permessi negati questo ritratto.

Erano necessari per raccontare la storia di un’anima antica e il loro diniego ha messo Maria di fronte ad una tela nuovamente bianca. Ma lei non si è persa d’animo, anzi, come il ponte romano incastonato nella sua città, ha lasciato scorrere la corrente contraria, affrontandola con l’angolo meno impegnativo per tenerle testa e vincerla.

Così, nei nostri incontri che da quel momento sono ripresi, il suono della sua voce senza accenti e dalla dizione perfetta ha potuto continuare a farmi immaginare di essere dentro un film. Tanto che di questa storia ciò che più mi pesa, è il fatto, non potendolo catturare con una fotografia, di aver dovuto sublimare la denuncia di Maria in un gesto senza poter condividere con voi la melodia incantatrice di questa sirena.

L’uomo riprende il suo cammino tra acqua e sabbia. Piccole onde cancellano dalla battigia il segno dei suoi passi, ma adesso lui sa che non sono l’unico segno del suo passaggio su questo pianeta.

Rimini,

4 settembre 2019

Maria Costantini

Attrice

Animale Fantastico

Un uomo cammina calcando i piedi tra sabbia e acqua quando un sussurro perso nello sciabordio delle onde lo raggiunge. E lo fa fermare.

Chi può sedurre più di una sirena?

Per il suo ritratto Maria Costantini ha scelto di trasformarsi in un animale fantastico, le cui mani tese accusano, le cui lacrime furenti chiedono: perché?

Al mare, cui come tutti gli esseri viventi deve la vita, il genere umano sembra aver deciso di non voler portare più rispetto.

È figlia di un atto di accusa questa immagine.

È per sensibilizzarci sulla pratica di pescare pesci in numero maggiore alla loro capacità di riprodursi, ma anche sulle enormi navi industriali che li catturano in quantità impressionanti per poi rigettarne in mare privi di vita la maggior parte, che Maria ha vestito le succinte vesti di una sirena. Senza dimenticare i piccoli pescatori del mondo che per questi stessi motivi sono sempre meno in grado di autosostenersi con la pesca.

È figlio di permessi negati questo ritratto.

Erano necessari per raccontare la storia di un’anima antica e il loro diniego ha messo Maria di fronte ad una tela nuovamente bianca. Ma lei non si è persa d’animo, anzi, come il ponte romano incastonato nella sua città, ha lasciato scorrere la corrente contraria, affrontandola con l’angolo meno impegnativo per tenerle testa e vincerla.

Così, nei nostri incontri che da quel momento sono ripresi, il suono della sua voce senza accenti e dalla dizione perfetta ha potuto continuare a farmi immaginare di essere dentro un film. Tanto che di questa storia ciò che più mi pesa, è il fatto, non potendolo catturare con una fotografia, di aver dovuto sublimare la denuncia di Maria in un gesto senza poter condividere con voi la melodia incantatrice di questa sirena.

L’uomo riprende il suo cammino tra acqua e sabbia. Piccole onde cancellano dalla battigia il segno dei suoi passi, ma adesso lui sa che non sono l’unico segno del suo passaggio su questo pianeta.

Rimini,

4 settembre 2019

IL SILENZIO DELLE SIRENE

Ferruccio Cicchetti l’ho incontrato circa 15 anni fa, dentro il suo capanno una specie di baracca per chi arrivava dall’esterno, una vera e propria fucina d’arte antica e mitica per chi aveva l’ardore di penetrarvi dentro. A dir la verità più che l’ardore mi spinse il bisogno. Gli chiesi aiuto e lui senza esitazione si mise al lavoro, per lui il lavoro era una sorta di missione, credo. Io rimasi lì come aiutante, questa fu la sua unica richiesta. Probabilmente Ferruccio oltre ad essere un “maestro d’ascia” era anche un educatore a modo suo, sapeva che se non avessi sentito ogni vibrazione di quel legno che andavamo a tagliare, levigare e dipingere non avrei sentito il gusto e non avrei conosciuto il sapore di quell’opera che ci accingevamo a realizzare. E così passai giorni dentro a quel capanno, immersa nell’odore di segatura, di attrezzi e di racconti di un uomo che ama il mare, il nostro mare “mare nostrum”. Ferruccio d’inverno costruiva o riparava vele al terzo … E d’estate faceva il pescatore, con la sola forza delle sue braccia lanciava e raccoglieva le reti e conquistava il suo salario. Era un rapporto uno a uno con la natura, lui li amava i pesci e proprio perché li amava li rispettava. Un giorno mi disse: l’abbiamo distrutto il nostro mare e pensare che era così ricco… Quella fu l’ultima estate in cui lui uscì in mare a pescare, un anno dopo morì.

Questo scatto fotografico è una messa in scena di quella ferita, dalla quale come diceva Freud non si può guarire, dalla parte del cui lato sinistro il mio senso di solitudine verso un canto mitico che non possiamo più ascoltare e dalla parte di quello destro il senso di disgusto verso la nostra società dedita al consumo, si proprio quel consumismo che sta distruggendo la nostra madre terra e che ci ha tappato le orecchie con della semplice cera, come Ulisse << che con piccole astuzie>> credette di essere più furbo delle sirene, e così come scrive Kafka << le formidabili cantatrici non cantarono>>.

Proprio quegli animali spaventosi capaci però di ammaliare e di far desiderare ora tacciono. È che le sirene non sono mai esistite in natura, esse sono foche monache ed era la fantasia dei Greci che su ogni scoglio poneva un’immagine che diventava divina. Se gli uomini cessano di popolare il mondo delle loro immagini, esso muore per loro, torna estraneità spaventosa e natura silente, e siamo soli.

Maria Costantini