Gianluca Reggiani

Regista e Attore

“Operazione” immagine

Ogni gesto solitamente ha un fine.

In alcuni casi, quando una azione richiede una serie di atti coordinati si parla di operazione, ma anche per un gesto giustificato da una funzionalità generica (come ad esempio le pulizie di casa) si può usare questo termine. Ed è così che si definisce un intervento chirurgico.

Al nostro primo incontro non avrei potuto far altro che rimanere colpito dall’aspetto di Gianluca Reggiani, dalla lunga barba e dai capelli fluenti che gli incorniciavano il viso tanto da far pensare più ad un mistico in meditazione sulle rive del Gange, piuttosto che ad un artista incontrato nel punto dove la via Emilia e la via Popilia un tempo si dividevano le genti.

Mi ha fatto fin da subito felice la velocità con cui ha deciso di far parte di questo progetto, ma ancor di più lo sono stato quando, successivamente, mi ha detto di voler intervenire radicalmente sulla propria immagine, cancellando quella fisionomia che decenni di carriera artistica avevano impresso negli occhi del pubblico.

Ulteriori riflessioni ci hanno fatto decidere di raccontare questa “operazione” giocando proprio sui diversi significati che può assumere questa parola.

In un contesto assai diverso da quello teatrale, per mettere in scena questa nostra piece della durata di un duecentocinquantesimo di secondo, luci ed oggetti hanno richiamato l’atmosfera di una sala chirurgica dove, con grande perizia, la make-up artist Loredana Bozzetto ha spazzato via l’aspetto noto di Gianluca, restituendoci l’immagine di un Reggiani irriconoscibile, completamente nuovo, quasi nudo.

Entrambi siamo soddisfatti di questo ritratto. Io perché la meccanicità con la quale il mezzo fotografico cattura una immagine si è sposata di nuovo alla progettualità, per liberare un mondo che viveva nella fantasia. Esattamente come piace fare a me.

Rimini,

21 ottobre 2020

Gianluca Reggiani

Regista e Attore

“Operazione” immagine

Ogni gesto solitamente ha un fine.

In alcuni casi, quando una azione richiede una serie di atti coordinati si parla di operazione, ma anche per un gesto giustificato da una funzionalità generica (come ad esempio le pulizie di casa) si può usare questo termine. Ed è così che si definisce un intervento chirurgico.

Al nostro primo incontro non avrei potuto far altro che rimanere colpito dall’aspetto di Gianluca Reggiani, dalla lunga barba e dai capelli fluenti che gli incorniciavano il viso tanto da far pensare più ad un mistico in meditazione sulle rive del Gange, piuttosto che ad un artista incontrato nel punto dove la via Emilia e la via Popilia un tempo si dividevano le genti.

Mi ha fatto fin da subito felice la velocità con cui ha deciso di far parte di questo progetto, ma ancor di più lo sono stato quando, successivamente, mi ha detto di voler intervenire radicalmente sulla propria immagine, cancellando quella fisionomia che decenni di carriera artistica avevano impresso negli occhi del pubblico.

Ulteriori riflessioni ci hanno fatto decidere di raccontare questa “operazione” giocando proprio sui diversi significati che può assumere questa parola.

In un contesto assai diverso da quello teatrale, per mettere in scena questa nostra piece della durata di un duecentocinquantesimo di secondo, luci ed oggetti hanno richiamato l’atmosfera di una sala chirurgica dove, con grande perizia, la make-up artist Loredana Bozzetto ha spazzato via l’aspetto noto di Gianluca, restituendoci l’immagine di un Reggiani irriconoscibile, completamente nuovo, quasi nudo.

Entrambi siamo soddisfatti di questo ritratto. Io perché la meccanicità con la quale il mezzo fotografico cattura una immagine si è sposata di nuovo alla progettualità, per liberare un mondo che viveva nella fantasia. Esattamente come piace fare a me.

Rimini,

21 ottobre 2020

Rifarmi l’immagine.

Quando Roberto mi ha presentato il suo progetto chiedendomi di realizzare una foto “artistica” avente me come soggetto principale, l’idea mi è piaciuta molto, ma non mi veniva in mente niente, nessuna immagine particolare, nessuna suggestione visiva da soddisfare, il vuoto.

Dopo avermi mostrato alcune foto del progetto che aveva già realizzato la sensazione di un sorprendente vuoto immaginativo è aumentata. Sono sempre stato fotografato in situazioni molto diverse soprattutto in scena durante gli spettacoli e quindi ho un buon rapporto e una certa abitudine con la condizione, non sempre gradevole, di essere il soggetto da immortalare, ma in quel momento il pensiero di dover essere io a creare la mia foto, per quanto fosse intrigante, non generava nulla di interessante nella mia mente. Verso la fine della nostra prima chiacchierata, improvvisamente è successo qualcosa.

E’ emerso e ho espresso un desiderio che covavo da diverso tempo… togliere tutto, liberare il mio volto da barba e capelli che mi hanno sempre caratterizzato e con i quali mi sono sempre ricoperto e mostrarmi finalmente glabro, imberbe ma anche calvo, pelato, spoglio come non sono mai stato.

Adesso avevo l’idea di come volevo fosse il mio volto nella foto, mi piaceva e piaceva molto anche a Roberto, ma non avevo ancora l’immagine, il contesto, il racconto, l’ambientazione, il set, il come, il dove, il quando perché non bastava certo un primo piano con la mia faccia ripulita.

E allora è iniziato un lungo periodo nel quale ho cercato di creare nella mia mente la foto cambiando diversi contesti, situazioni, scenari ma nulla mi dava soddisfazione anche perché in qualche modo sentivo anche la necessità di raccontare la trasformazione, il passaggio dalla vecchia alla nuova immagine. Siamo stati in stallo per diverso tempo e ad ogni incontro con Roberto cortocircuitavamo in totale libertà cercando una soluzione finché non è arrivata la parola “operazione” che mi ha subito colpito perché in fondo quello che avevo in mente è di fatto una “operazione” sulla mia immagine, una sorta di operazione chirurgica per rifarmi l’immagine.

Così è arrivata l’idea del set, ricreare l’atmosfera di una sala operatoria dove celebrare il rituale di un vero e proprio intervento di chirurgia estetica che mi avrebbe permesso di… Rifarmi l’immagine.

Dopo la seduta di shooting torno a casa e incontro mia figlia, la saluto e lei… non mi riconosce, rimane scioccata, interdetta, stupita per qualche istante. Una prova che l’intervento chirurgico è riuscito e che il soggetto immortalato è ancora vivo…anche se all’apparenza “sembri un’altro”.

Gianluca Reggiani