Arianna Lanci

Cantante Lirica

Un nuovo inizio

Il suo è un nome bellissimo e antico, ma indissolubilmente legato ad un filo e quando Arianna mi ha detto che proprio a un filo avrebbe voluto legare il suo ritratto, inizialmente avevo storto un po’ il naso.

Ma poi, la sua storia, quella “della bambina che porto ancora dentro. Una bambina che sognava di cantare, che temeva il giudizio degli altri, che viveva la propria voce come fosse una sostanza intima, qualcosa di troppo interno che tentava faticosamente di uscire alla luce del sole. Tutta questa fragilità misteriosa e difficile mi ha accompagnato sempre, nei momenti di buio come in quelli di luce, è stata parte essenziale della mia femminilità”.

Ed eccolo il ritratto di Arianna, scattato nel buio assoluto in un assolato mattino di settembre ed incentrato, come voleva, su un filo.

Tra le molte immagini, non a caso questa, scelta perché in essa la mano e il braccio, esteso come il collo di un cigno e la candida allegoria del suo cantare, rubano la scena al suo essere donna.

“Una fragilità feroce che vuole essere feconda, farsi capace di un respiro più grande, all’altezza di questo tempo denso di sofferenza, un tempo che non chiede un ritorno della “normalità”, ma un imprevedibile e imprevisto nuovo inizio”.

Nell’ultimo giorno dell’inverno degli adii negati, il sole dipinge sul muro le ombre dei rami. Forme contorte, intrecci, volute, alfabeti che non riconosco e anch’io, nel conforto di un nuovo inizio, spero. Un nuovo dopo, per quando l’orologio e il silenzio avranno reso incerto il ricordo, lenito il dolore e riposto corone di grani e di spine.

Rimini,

08 settembre 2019

Arianna Lanci

Cantante Lirica

Un nuovo inizio

Il suo è un nome bellissimo e antico, ma indissolubilmente legato ad un filo e quando Arianna mi ha detto che proprio a un filo avrebbe voluto legare il suo ritratto, inizialmente avevo storto un po’ il naso.

Ma poi, la sua storia, quella “della bambina che porto ancora dentro. Una bambina che sognava di cantare, che temeva il giudizio degli altri, che viveva la propria voce come fosse una sostanza intima, qualcosa di troppo interno che tentava faticosamente di uscire alla luce del sole. Tutta questa fragilità misteriosa e difficile mi ha accompagnato sempre, nei momenti di buio come in quelli di luce, è stata parte essenziale della mia femminilità”.

Ed eccolo il ritratto di Arianna, scattato nel buio assoluto in un assolato mattino di settembre ed incentrato, come voleva, su un filo.

Tra le molte immagini, non a caso questa, scelta perché in essa la mano e il braccio, esteso come il collo di un cigno e la candida allegoria del suo cantare, rubano la scena al suo essere donna.

“Una fragilità feroce che vuole essere feconda, farsi capace di un respiro più grande, all’altezza di questo tempo denso di sofferenza, un tempo che non chiede un ritorno della “normalità”, ma un imprevedibile e imprevisto nuovo inizio”.

Nell’ultimo giorno dell’inverno degli adii negati, il sole dipinge sul muro le ombre dei rami. Forme contorte, intrecci, volute, alfabeti che non riconosco e anch’io, nel conforto di un nuovo inizio, spero. Un nuovo dopo, per quando l’orologio e il silenzio avranno reso incerto il ricordo, lenito il dolore e riposto corone di grani e di spine.

Rimini,

08 settembre 2019

Il filo di Arianna, ovvero della mia esperienza del canto.

È possibile vedere la voce che canta, farne una precisa immagine da toccare con lo sguardo?

La voce si tocca, proprio come un filo.

Uscire dalla propria pelle, attraverso il canto.

Un filo di bianchezza che arriva a toccare il circostante: pietra, essere umano, animale, soffio.

Un filo, che ha origine dal corpo, dagli organi. Si nutre di emozione, di passato, e di presagio. Il filo della voce. La voce è quel filo che aderisce al mio corpo, che fa garbuglio all’imboccatura dello stomaco, labirinto di affetti, per poi sciogliersi a livello della gola e creare un senso di fratellanza che rende sopportabile il peso dell’esistenza e rende più gioiosa la gioia dell’esistenza.

Arianna Lanci