Matteo Bosi

Fotografo

Matteo in una stanza

I lavori di Matteo Bosi hanno sempre suscitato in me una certa curiosità.

Forse a colpirmi è stato il suo mescolare linguaggi diversi, o il suo raccontare temi che molto hanno a che fare con la mitologia ed il sacro, non so, ma credo anche il fatto che molti dei suoi lavori hanno al centro una interessante nota comune: trattano della memoria, esplorata, per riportare alla luce quella dei dimenticati, ma anche documentata, come nel suo viaggio fotografico nei cimiteri monumentali d’Europa.

Inoltre la sua produzione è caratterizzata da una grande quantità di ritratti e questo ne faceva per me un candidato ideale ad entrare in questa galleria, incuriosito com’ero dal vedere come avrebbe potuto mettere in scena il proprio.

Per questo motivo, fin dal primo incontro ho insistito sul quanto dovesse sentirsi assolutamente libero nel raccontare la sua storia perché io non avrei interferito.

E lui non mi ha deluso, sono entusiasta della scelta che ha fatto.

Aprendoci le porte del suo studio a due passi dal cielo, ci ha permesso di entrare in un luogo dove la memoria spunta fuori di nuovo, prepotentemente. Dove vinili rari si accompagnano a memorabilia, opere ceramiche a reperti di tempi musicali che sento profondamente miei, dove il racconto per immagini di una vita non si accontenta delle pareti, ma si arrampica fino a coprire il soffitto, come in un monumento egizio.

Qui si trovava la sintesi perfetta e pensata, nell’ordinato disordine apparente di un archivio di ricordi. Noi abbiamo lasciato alla luce il compito di raccontarla, creando e non poteva essere diversamente, un’atmosfera un po’ dark.

Senza dubbio si tratta di un modo di rappresentarsi completo, seppur inconsueto e per il colpo di teatro finale col quale Matteo ha deciso di uscire fisicamente di scena probabilmente a qualcuno verrà da chiedersi: Ma questo è un ritratto? E lui dov’è?

Anche a questo Matteo ha pensato: chi cerca, trova.

Cesena,

15 e 22 settembre 2020

Matteo Bosi

Fotografo

Matteo in una stanza

I lavori di Matteo Bosi hanno sempre suscitato in me una certa curiosità.

Forse a colpirmi è stato il suo mescolare linguaggi diversi, o il suo raccontare temi che molto hanno a che fare con la mitologia ed il sacro, non so, ma credo anche il fatto che molti dei suoi lavori hanno al centro una interessante nota comune: trattano della memoria, esplorata, per riportare alla luce quella dei dimenticati, ma anche documentata, come nel suo viaggio fotografico nei cimiteri monumentali d’Europa.

Inoltre la sua produzione è caratterizzata da una grande quantità di ritratti e questo ne faceva per me un candidato ideale ad entrare in questa galleria, incuriosito com’ero dal vedere come avrebbe potuto mettere in scena il proprio.

Per questo motivo, fin dal primo incontro ho insistito sul quanto dovesse sentirsi assolutamente libero nel raccontare la sua storia perché io non avrei interferito.

E lui non mi ha deluso, sono entusiasta della scelta che ha fatto.

Aprendoci le porte del suo studio a due passi dal cielo, ci ha permesso di entrare in un luogo dove la memoria spunta fuori di nuovo, prepotentemente. Dove vinili rari si accompagnano a memorabilia, opere ceramiche a reperti di tempi musicali che sento profondamente miei, dove il racconto per immagini di una vita non si accontenta delle pareti, ma si arrampica fino a coprire il soffitto, come in un monumento egizio.

Qui si trovava la sintesi perfetta e pensata, nell’ordinato disordine apparente di un archivio di ricordi. Noi abbiamo lasciato alla luce il compito di raccontarla, creando e non poteva essere diversamente, un’atmosfera un po’ dark.

Senza dubbio si tratta di un modo di rappresentarsi completo, seppur inconsueto e per il colpo di teatro finale col quale Matteo ha deciso di uscire fisicamente di scena probabilmente a qualcuno verrà da chiedersi: Ma questo è un ritratto? E lui dov’è?

Anche a questo Matteo ha pensato: chi cerca, trova.

Cesena,

15 e 22 settembre 2020

Nel ritratto fotografico realizzato nel mio studio da Roberto Baroncini, sono rappresentato da tutti quegli elementi simbolici che hanno arricchito e caratterizzato la mia vita; i miei libri, i miei dischi, le mie macchine fotografiche, i miei colori, i collage; le mie passioni. In mezzo a tutti questi oggetti formativi, significativi, viventi, nella composizione fotografica appoggiato sul tavolo a destra dell’immagine c’è un “ritratto nel ritratto” quello sono di nuovo io.

Matteo Bosi