Marco Onofri

Fotografo

Traje de luces

Non capita tutti i giorni di avere a disposizione Marco Onofri per fargli un ritratto. E per tutto il tempo che ti occorre.

In ambito lavorativo Onofri è uomo super attivo e sempre impegnato, mosso da una grandissima motivazione. Ma è anche persona dotata di un pragmatismo che definirei assoluto e di grande coraggio, doti queste che gli hanno permesso di abbandonare senza paura strade battute, per imboccarne altre che a volte strade ancora non erano.

Credo altresì che la ragione che lo ha convinto ad attraversare per me il profondo fossato, fatto di diottri e catadiottri, che spesso relega i fotografi dietro ad un mirino, sia stata la prospettiva di essere soggetto di una immagine con la quale raccontare liberamente la sua fotografia.

Il taglio orizzontale ci dice che Marco aveva bisogno di spazio per fare del proprio ritratto, in uno studio pieno di qualsiasi sorgente luminosa o modificatore immaginabile, il manifesto del suo minimalismo. Infatti, ha sapientemente popolato il set di tagli di luce, di riflessi, di ombre, con un’unica concessione alla realtà, la presenza di alcune lampadine penzolanti dal soffitto. Su questo spazio ha scolpito quelli che sono i comandamenti della sua tavola della legge in fotografia: mai distogliere l’attenzione dal soggetto, lavorare in sottrazione, dire molto con poco, facendo si che quel poco riempia, rendendo consistente seppur in maniera impalpabile, il vuoto

Lo ha fatto con grande cura e meticolosità, per poi vestirsi della luce dell’idea, vitale per lui che è sì fotografo, ma prima ancora uomo di comunicazione. Questo processo, quasi una sorta di rituale, mi ha ricordato molto la cerimonia che vede il torero vestire il suo costume, quel Traje de luces con cui entra nell’arena. Un vestito di luce come quello con cui Marco veste ogni giorno la sua professione.

Incontrarlo vuol dire immergersi in un fiume di energia positiva apparentemente inesauribile, quella di un uomo pronto a bruciare il mare per illuminarne l’oscurità. Pronto a fare una rivoluzione perché oggi non sia come ieri.

E domani, chissà.

Cesena,

14 maggio 2020

Marco Onofri

Fotografo

Traje de luces

Non capita tutti i giorni di avere a disposizione Marco Onofri per fargli un ritratto. E per tutto il tempo che ti occorre.

In ambito lavorativo Onofri è uomo super attivo e sempre impegnato, mosso da una grandissima motivazione. Ma è anche persona dotata di un pragmatismo che definirei assoluto e di grande coraggio, doti queste che gli hanno permesso di abbandonare senza paura strade battute, per imboccarne altre che a volte strade ancora non erano.

Credo altresì che la ragione che lo ha convinto ad attraversare per me il profondo fossato, fatto di diottri e catadiottri, che spesso relega i fotografi dietro ad un mirino, sia stata la prospettiva di essere soggetto di una immagine con la quale raccontare liberamente la sua fotografia.

Il taglio orizzontale ci dice che Marco aveva bisogno di spazio per fare del proprio ritratto, in uno studio pieno di qualsiasi sorgente luminosa o modificatore immaginabile, il manifesto del suo minimalismo. Infatti, ha sapientemente popolato il set di tagli di luce, di riflessi, di ombre, con un’unica concessione alla realtà, la presenza di alcune lampadine penzolanti dal soffitto. Su questo spazio ha scolpito quelli che sono i comandamenti della sua tavola della legge in fotografia: mai distogliere l’attenzione dal soggetto, lavorare in sottrazione, dire molto con poco, facendo si che quel poco riempia, rendendo consistente seppur in maniera impalpabile, il vuoto

Lo ha fatto con grande cura e meticolosità, per poi vestirsi della luce dell’idea, vitale per lui che è sì fotografo, ma prima ancora uomo di comunicazione. Questo processo, quasi una sorta di rituale, mi ha ricordato molto la cerimonia che vede il torero vestire il suo costume, quel Traje de luces con cui entra nell’arena. Un vestito di luce come quello con cui Marco veste ogni giorno la sua professione.

Incontrarlo vuol dire immergersi in un fiume di energia positiva apparentemente inesauribile, quella di un uomo pronto a bruciare il mare per illuminarne l’oscurità. Pronto a fare una rivoluzione perché oggi non sia come ieri.

E domani, chissà.

Cesena,

14 maggio 2020

Quando Roberto mi ha chiesto di pensare ad una fotografia che mi rappresentasse, ho pensato subito ad uno scatto in bianco e nero, innamorato da sempre perché togliendo alcune informazioni (colore) lascio interpretare a chi poi guarderà. Ognuno fa un po’ “sua” l’immagine aggiungendo il colore nella sua mente, ma nel mentre secondo me, si da più attenzione al peso di luci e ombre, ai volumi, alla composizione e allo sguardo del soggetto. Amo scattare senza troppi oggetti, e se presenti, devono servire a qualcosa, non togliere attenzione, ma raccontare oppure dare profondità, ambiente. In questo caso ho scelto delle lampadine, sia perché con una lampadina posso creare luci e ombre, sia perché amo fotografare con un punto luce (del resto il sole è uno) e anche perché non sono un amante della tecnica, non sono uno di quei fotografi che usano tantissimi flash sul set e si dimenticano il rapporto con il soggetto da fotografare. Lo sono stato, sono capace di usare tante luci, ma ora preferisco sul viso un punto luce, amo il ritratto e amo instaurare un bel rapporto con il soggetto da fotografare. Ero molto timido e grazie alla fotografia ora passo bellissimi momenti a parlare e guardare negli occhi le persone, cercando non di raccontare loro, non ho nessuna pretesa, ma di raccontare questo bel momento di incontro grazie alla fotografia. Chi mi conosce sa bene come io non sia capace di stare fermo e quante idee sforno e realizzo, altre le rimando perché non ho tempo, ma da persona curiosa e ambiziosa continuo a realizzare progetti anche oltre la fotografia. Mi piace pensare, ideare, più che realizzare. Spesso, quando penso ad uno scatto, sono più soddisfatto quando ho l’idea piuttosto che quando la realizzo perché tanto sapevo che sarei riuscito a farlo e in mente l’avevo già visto, quindi sono già soddisfatto.

In questo scatto ci sono io, che esco dall’ombra, padroneggiando la luce e guardando dritto in camera non poi così timido, e intorno idee (lampadine) e un ambiente vuoto, creato solo di luci e ombre.

Marco Onofri