Federico Mecozzi

Musicista

Accendi un sogno

Dai nostri incontri, dai numerosi messaggi che ci siamo scambiati e che lo hanno raggiunto nei luoghi più disparati del mondo dove lo portavano il successo e la notorietà, Federico si è sempre dimostrato una persona disponibile e modesta, dal parlare forbito, con un “per favore” ed un “grazie” sempre a portata di mano. In sostanza il ragazzo che qualsiasi genitore potrebbe desiderare, quello che vorrebbe poter conservare nella tasca della propria vita che sta proprio sul cuore.

Dai suoi occhi trabocca la felicità appagata e serena di chi vive il suo sogno mentre vive per esso. Ai miei è apparso appartenere a quella rara categoria di persone che meritano tutto quanto di bello accade loro. E forse, anche, qualcosina di più.

La prima volta che ci siamo visti di persona mi ha detto: < La foto che avrei sempre voluto, dovrebbe riuscire a rappresentare quello che per me è un sogno e che temo purtroppo tale rimarrà: vorrei sentire, almeno per una volta, quello che provano gli spettatori che assistono ad un mio concerto. >

E subito nelle narici io ho sentito quell’odore speciale di parole e di musica, di buio e di luce che aleggia solo dietro a un sipario. E quella leggera vibrazione, avvertita ogni volta che sono salito su di un palcoscenico e che non considero dovuta ad un incedere incerto, bensì al manifestarsi di una forza misteriosa figlia dell’emozione di chi lo ha calcato, che ne intride le tavole e che il legno rilascia per dare coraggio e far svanire il timore.

Manifestazioni di un mondo sconosciuto a chi, dentro un teatro, si accomoda attendendo che lo spettacolo inizi, tanto quanto per gli artisti rimane un mistero la vera frequenza con la quale riusciranno a far vibrare l’anima degli spettatori.

In quel pomeriggio, come direbbe Shakespeare, accendendo un sogno, io e Federico abbiamo messo in scena questo mistero e lo abbiamo lasciato bruciare perché rimanga tale.

Rimini,

1 Ottobre 2019

Federico Mecozzi

Musicista

Accendi un sogno

Dai nostri incontri, dai numerosi messaggi che ci siamo scambiati e che lo hanno raggiunto nei luoghi più disparati del mondo dove lo portavano il successo e la notorietà, Federico si è sempre dimostrato una persona disponibile e modesta, dal parlare forbito, con un “per favore” ed un “grazie” sempre a portata di mano. In sostanza il ragazzo che qualsiasi genitore potrebbe desiderare, quello che vorrebbe poter conservare nella tasca della propria vita che sta proprio sul cuore.

Dai suoi occhi trabocca la felicità appagata e serena di chi vive il suo sogno mentre vive per esso. Ai miei è apparso appartenere a quella rara categoria di persone che meritano tutto quanto di bello accade loro. E forse, anche, qualcosina di più.

La prima volta che ci siamo visti di persona mi ha detto: < La foto che avrei sempre voluto, dovrebbe riuscire a rappresentare quello che per me è un sogno e che temo purtroppo tale rimarrà: vorrei sentire, almeno per una volta, quello che provano gli spettatori che assistono ad un mio concerto. >

E subito nelle narici io ho sentito quell’odore speciale di parole e di musica, di buio e di luce che aleggia solo dietro a un sipario. E quella leggera vibrazione, avvertita ogni volta che sono salito su di un palcoscenico e che non considero dovuta ad un incedere incerto, bensì al manifestarsi di una forza misteriosa figlia dell’emozione di chi lo ha calcato, che ne intride le tavole e che il legno rilascia per dare coraggio e far svanire il timore.

Manifestazioni di un mondo sconosciuto a chi, dentro un teatro, si accomoda attendendo che lo spettacolo inizi, tanto quanto per gli artisti rimane un mistero la vera frequenza con la quale riusciranno a far vibrare l’anima degli spettatori.

In quel pomeriggio, come direbbe Shakespeare, accendendo un sogno, io e Federico abbiamo messo in scena questo mistero e lo abbiamo lasciato bruciare perché rimanga tale.

Rimini,

1 Ottobre 2019

Ascoltarsi. Ho scelto questa idea prima di tutto per la grande metafora ‘umana’ che rappresenta: l’esigenza di ascoltare e comprendere se stessi, per sentirsi meglio, per comunicare meglio con gli altri. La musica incarna molto bene questo meccanismo nel quale è fondamentale avere un ascolto chiaro di ciò che si sta suonando, il che non significa (in un insieme) chiudersi in se stessi, ma anzi bilanciarsi in ogni istante con gli altri musicisti, con lo spazio intorno e la sua acustica, con il pubblico.

Il teatro, credo, è per il musicista il luogo di massima espressione di se stessi, il luogo dove attraverso il suono si riesce a creare una connessione magica, una condivisione emotiva incredibilmente potente, poiché nasce da una vibrazione ‘corporea’ collettiva. Dall’inizio alla fine del concerto, tutti vibrano all’unisono come fossero un unico corpo: il palco, i musicisti, la sala, il pubblico. Io conosco bene le sensazioni che provo quando mi trovo sul palco, conosco quell’energia che – anche se suonando il violino mi ritrovo apparentemente isolato – proviene in realtà da questa connessione con le persone che ascoltano; e poi ci sono gli applausi, quasi come un aprire gli occhi tutti insieme nello stesso istante, un ringraziarsi reciproco. Però (e qui completo il perché di questa scelta) ho sempre nutrito dentro di me un sogno utopico e meraviglioso, direi magico, che questa fotografia ha reso possibile: vivere per una volta quello che il pubblico prova ascoltandomi. Trovarmi sul palco, e trovarmi seduto in platea. E non c’è nulla di presuntuoso, né di megalomane, anzi, vorrei ascoltarmi senza quello spirito critico e terribilmente analitico, grammaticale, che invece prende il sopravvento tutte le volte che mi capita di riascoltarmi (un’attenzione credo caratteristica della maggior parte dei musicisti). Nessuna nozione, esperienza, filtro: qui, in questo sogno, io sono l’ascoltatore comune, quello che giudica soltanto in base alla percezione emotiva, l’unico vero metro di giudizio, e non il musicista. L’ascoltatore migliore che esista.

Federico Mecozzi