Marco Gemmani
Direttore
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A piedi nudi nel legno
Il legno per Marco Gemmani è un affare di famiglia. Ed è con i piedi nudi, piantati come radici nel legno che ha voluto essere ritratto.
Fin da bambino ha imparato ad amarlo, a distinguerne profumi e caratteristiche. Ha subìto il fascino dell’ebano, del faggio, ma soprattutto dell’acero rosso risonante della Val di Fiemme, con cui il maestro liutaio riminese Marino Capicchioni aveva costruito quello che è stato il suo primo violino, ricevuto in dono dal padre. Lo studio del quale in seguito gli ha rivelato che non nel singolo strumento, ma nella complessa arte della direzione doveva intraprendere il proprio cammino.
La passione e la volontà di farsi strada da solo lo hanno portato a rinunciare ad una comoda carriera che il destino famigliare sembrava avere tracciato per lui e ad abbandonare la sua Rimini, senza però tagliare mai quel liquido cordone ombelicale.
Ed è l’acqua dell’Adriatico l’altro elemento che qui lo accompagna, la stessa acqua che bagna anche la sua patria elettiva: Venezia, la Serenissima.
Ho avuto il privilegio di assistere ad uno dei Concerti di Natale del Teatro La Fenice, andato in scena, con la collaborazione della Procuratoria di San Marco, in Basilica e di vedere Marco dirigere i Solisti del Coro della Cappella Marciana. Come fa ininterrottamente da vent’anni.
In quella notte insolitamente mite, le musiche barocche, scritte proprio per la Chiesa d’Oro da Giovanni Legrenzi, mi hanno condotto in un viaggio all’indietro nel tempo. Ho udito risorgere la lingua antica, che sotto l’imperio di Gemmani, ha accarezzato l’oro dei mosaici e la policromia dei marmi che da secoli sopportano sia i passi dell’uomo che i ritorni dell’acqua granda.
Coraggio e determinazione, storia e tradizione, compongono la melodia che ho ascoltato conoscendo Marco e ho cercato di riprodurla assieme lui in questo ritratto.
–
Rimini,
20 agosto 2019
Marco Gemmani
Direttore
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A piedi nudi nel legno
Il legno per Marco Gemmani è un affare di famiglia. Ed è con i piedi nudi, piantati come radici nel legno che ha voluto essere ritratto.
Fin da bambino ha imparato ad amarlo, a distinguerne profumi e caratteristiche. Ha subìto il fascino dell’ebano, del faggio, ma soprattutto dell’acero rosso risonante della Val di Fiemme, con cui il maestro liutaio riminese Marino Capicchioni aveva costruito quello che è stato il suo primo violino, ricevuto in dono dal padre. Lo studio del quale in seguito gli ha rivelato che non nel singolo strumento, ma nella complessa arte della direzione doveva intraprendere il proprio cammino.
La passione e la volontà di farsi strada da solo lo hanno portato a rinunciare ad una comoda carriera che il destino famigliare sembrava avere tracciato per lui e ad abbandonare la sua Rimini, senza però tagliare mai quel liquido cordone ombelicale.
Ed è l’acqua dell’Adriatico l’altro elemento che qui lo accompagna, la stessa acqua che bagna anche la sua patria elettiva: Venezia, la Serenissima.
Ho avuto il privilegio di assistere ad uno dei Concerti di Natale del Teatro La Fenice, andato in scena, con la collaborazione della Procuratoria di San Marco, in Basilica e di vedere Marco dirigere i Solisti del Coro della Cappella Marciana. Come fa ininterrottamente da vent’anni.
In quella notte insolitamente mite, le musiche barocche, scritte proprio per la Chiesa d’Oro da Giovanni Legrenzi, mi hanno condotto in un viaggio all’indietro nel tempo. Ho udito risorgere la lingua antica, che sotto l’imperio di Gemmani, ha accarezzato l’oro dei mosaici e la policromia dei marmi che da secoli sopportano sia i passi dell’uomo che i ritorni dell’acqua granda.
Coraggio e determinazione, storia e tradizione, compongono la melodia che ho ascoltato conoscendo Marco e ho cercato di riprodurla assieme lui in questo ritratto.
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Rimini,
20 agosto 2019
… vicino a un rio come se fossimo a Venezia… il faro che mi studia da lontano in questa calda serata estiva… legno ovunque che mi nutre e mi avvolge… la musica dell’acqua… il dolce profumo dei trucioli appena usciti dalla pialla… i gabbiani silenziosi che mi sfidano ad imitarli… con le loro ali quasi immobili… gli apparecchi fotografici che mi centrano ogni volta come un bersaglio…senza lasciarmi il tempo di immergermi in questo tempo e in questa città non più mia… non so perché sono qui… ma tutto è piacevole come avrei sempre voluto… qui…
Marco Gemmani